Il reflusso gastro esofageo (da qui RGE) può presentare un ampio ventaglio di sintomi e può variare dal grado lieve (e quindi quasi senza sintomi) al grado avanzato e arrivare a causare patologie invalidanti (ne abbiamo parlato qui – link -).
Quali sono le terapie per contrastarlo?
Le prime due raccomandazioni ferree sono l’eliminazione del fumo (attivo e passivo) e il controllo del peso corporeo; infatti il fumo, tra i tanti danni ampiamente dimostrati, provoca irritazione delle mucose e aumento dello scompenso tra acidità e basicità del tratto digestivo superiore, mentre l’obesità è direttamente correlata all’epidemiologia del RGE e alle alterazioni della giunzione gastro-esofagea (ernia jatale).
Subito a seguire abbiamo delle modifiche nelle abitudini alimentari e nella posizione durante la notte, infatti a livello alimentare vanno limitati o evitati determinati cibi come i grassi (fritti), il cioccolato, il caffè e la caffeina in generale, la menta, le spezie piccanti, la frutta e la verdura molto acide (ananas, pomodori, ecc…) e le bevande alcoliche, mentre si consiglia di non dormire completamente piatti, bensì di rialzare la parte superiore del materasso (a livello della testa e delle spalle) ponendo un cuscino o una coperta ripiegata tra la rete del letto e il materasso stesso (ovviamente chi ha il letto con la rete elettrica dovrà semplicemente tenerla un po’ sollevata). In questo caso lo scopo è di farsi aiutare dalla forza di gravità nel mantenere il contenuto gastrico al posto giusto, rendendo meno agevole il reflusso in esofago.
Arriviamo poi alla terapia medica. Questa può essere periodica (se associata alle suddette modifiche nello stile di vita e in presenza di sintomi lievi), mentre sarà continuativa in caso di esofagite debilitante.
I farmaci d’elezione sono gli inibitori della pompa protonica (IPP) e possono essere inseriti nella terapia seguendo un approccio “step-up” (scalini verso l’alto), ovvero a dosi crescenti fino al completo controllo dei sintomi, oppure “step-down” (scalini verso il basso) e partendo quindi subito con i farmaci più potenti a disposizione per poi ridurre successivamente le dosi e attestarsi infine alla dose minima efficace.
Il trattamento più efficace è la potente riduzione della secrezione acida, ottenuta appunto grazie all’azione degli IPP (gli anti-H2 risultano meno efficaci) anche se essi non curano le cause del RGE (legate al rilasciamento inappropriato dello sfintere esofageo inferiore): gli IPP agiscono riducendo l’acidità gastrica e la quantità di materiale refluito e spesso sono efficaci anche nei casi di reflusso basico (frammisto cioè a bile).
Le formulazioni più diffuse di IPP sono l’omeprazolo, il lansoprazolo, il pantoprazolo, il rabeprazolo e l’esomeprazolo. Le molecole più potenti (come l’esomeprazolo) sono indicate in letteratura come consigliabili nei casi più avanzati di esofagite con una posologia variabile tra 10 e 40 mg/die per periodi di 4-6 settimane.
Nei casi di Malattia da reflusso non-erosiva (in assenza cioè di esofagite conclamata) è presente un reflusso non acido, cioè biliare, e in questi casi la posologia della terapia farmacologica degli IPP dovrebbe essere raddoppiata e protratta nel tempo (6-8 settimane); si può ricorrere in alternativa al baclofen (antagonista dei recettori GABA) o alla chirurgia antireflusso.
Considerato che la MRGE ha un elevato tasso di recidive è necessario proseguire la terapia farmacologica di mantenimento alla dose minima in grado di prevenire la ricomparsa dei sintomi. Nei casi in cui, dopo la terapia in fase acuta e la sua sospensione, non vi siano recidive per un tempo maggiore di 3 mesi, si può proporre la terapia a intermittenza, cioè solo per brevi periodi in modo da contenere i sintomi.
Articolo scritto da: Logopedista Marta Venturini (@marta_venturini_logo)
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